lunedì, settembre 22, 2014

Zacup Skyrace 2014

Quest’anno ci sono al via di questa skyrace. Pasturo, lValsassina, a giornata si presenta bene, clima caldo e cielo azzurro, l’ambiente è bello carico, entusiasmo nei partecipanti e immagino soddisfazione degli organizzatori nel vedere le cose andare per il meglio. Io sono rilassato perché la corsa è breve, comunque vada me la cavo, al peggio diventa una gita al Grignone. Sono molto curioso di scoprire il percorso che non conosco nella prima parte, sul versante della Valsassina.
Dopo un breve ma sincero ricordo di Andrea Zaccagni,  senza pensarci su troppo si parte, in salita. All’inizio sembra sempre che si debba correre i 1000m, io cerco di controllare l’entusiasmo, anche se vorrei almeno tenere il passo del gruppo. Il risultato di questa partenza sprint è che mi concentro sulla andatura, arrivo comunque quasi al limite e non mi accorgo del percorso che stiamo seguendo. Si esce da Pasturo in un attimo, si entra nel bosco,  poi finalmente si comincia a traversare e arriva qualche tratto meno ripido per tirare il fiato.  
Così se ne vanno i primi 500m di salita, comincio o guardarmi attorno quando si scende, ma relativamente perché comunque lo sguardo è concentrato sul terreno. Finalmente, superato il rif. Riva si entra nella val Cugnoletta, ci sono un paio di brevi passaggi attrezzati  che introducono in una valletta sovrastata da pareti di roccia, sembra di essere in dolomiti, veramente. 
Ad un certo punto è impressionante la vista del percorso delimitato da un serpente di persone disposte a zig zag in un ripido canalone. Un breve rallentamento per afferrare le catene e in modo un po’ roccambolesco a causa  della vicinanza di chi precede e  segue, si supera un esposto salto verticale, facile da fare, se non si avesse fretta. Al di sopra si intravede non lontano il colle e il terreno pietroso diventa ancor più dolomitico. Finalmente terminato lo sprint iniziale e l’affollamento alle catene  riesco a gustare l’ambiente e mi sento gagliardo nel salire.
Raggiunto il colmo si ricomincia a correre un saliscendi in un ambiente mai visto, non ho tempo per capire dove sono, e non direi di essere in Grigna.  Poi si scende e si raggiunge il rif. Bogani. Adesso riparto su una strada nota, vedo in alto la cima della Grigna con l’elicottero posteggiato, l’altimetro mi dice che ho già salito 1800m, ne mancano solo 500, sono carico e spingo su un terreno che mi piace, rocce rotte e sentiero a gradoni, alcuni passaggi sono scivolosi e ci sono un paio di punti presidiati e attrezzati con corde. Infine l’ultimo tratto di catene porta in cima dove, assiepati come al giro d’Italia, la folla di persone, esaltate dalla fatica dei corridori, è schierata come allo stadio. 
Arrivo su con le pulsazioni al massimo, dopo aver bevuto qualcosa indugio 3 secondi prima di buttarmi in discesa, questa atmosfera da  stadio mi ha messo fretta. In discesa è un’altra storia, se fino a poco prima mi sentivo abbastanza a mio agio nel salire, adesso mi sento  in difficoltà, le gambe non reggono e non hanno sufficiente forza a controllare il rimbalzo del passo in discesa. Devo controllare la velocità per evitare di fare salti che non posso reggere.  La prima parte di discesa è molto scoscesa, ma presto si traversa ai Comolli, da qui in giù riesco a correre più veloce, la traccia e l’inclinazione sono più comodi. Infatti sono subito al Pialeral, Pasturo sembra vicino, sembra! Dal Pialeral si scende ancora per il solito sentiero, arrivati in fondo al bosco, invece di seguire la strada sterrata per la madonnina si percorre un bel traverso ondulato a sinistra. 
Dopo la discesa dalla cima sarebbe veramente una grande soddisfazione correre questo tratto semipianeggiante di circa 5 km. Ma la discesa ha esaurito completamente le energie, quindi proseguo con molto impaccio, con un po’ di sofferenza. Un ultimo breve strappo in salita e si raggiunge l’agriturisno Brunino, un’altra zona della Grigna mai vista, un altro bel posto da visitare con più calma. Certo che qui nelle vicinanze di Pasturo ci sono molti bei posti per escursioni e per correre.  Nella discesa finale su Pasturo finalmente raggiungo Nicola, così con molta contentezza arriviamo insieme al traguardo, il sole splende e l’aria è tersa, il distacco dai primi è consistente, 1h30',  ma il percorso è uguale, e fatte le dovute valutazioni, siamo molto contenti della performance e della magnifica giornata.
Timing
ZACUP SKYRACE

lunedì, settembre 08, 2014

ULTRA-TRAIL DU MONT-BLANC

UTMB 2014 Il racconto dettagliato.
Dalla prima volta che ho sentito parlare di questa corsa al momento del ritiro pettorale è passato molto tempo e negli ultimi mesi era sempre presente il pensiero di questo avvenimento, nel fare attenzione al cibo, nell’allenarsi, nella programmazione delle altre gare, sempre in previsione dell’UTMB. Ma, finalmente sono a Chamonix e tra le mani ho il pettorale N. 1189, è già un risultato. Sono molto curioso di quello che mi sta attorno qui Chamonix, l’organizzazione è a livello dei numeri, la consegna dei pettorali avviene in un centro sportivo, all’interno di un palasport gli spazi sono organizzati come in centro di produzione, si segue un percorso tipo Ikea, il flusso di lavoro è fluido senza punti di ristagno, bisogna seguire una sequenza dei passaggi obbligati senza perdere troppo tempo. 
All’orario di apertura, rispettato rigorosamente , si è formata una lunga coda, comincia a vedersi  la folla di partecipanti alla manifestazione. Già si notano i raggruppamenti per nazionalità, e i molti che sono seguiti dalle famiglie e dai bambini i quali trovano divertente l’ambiente, per tutti quanti questo è un gioco. 
Da Chamonix osservo la frana sul Dru
Le aspettative sono buone, innanzitutto le previsioni meteo per i giorni della corsa non sono pessime, anche se si prevede un peggioramento del tempo che invece al momento è splendido. Bisogna accontentarsi, perché avere tempo molto brutto sarebbe un disastro.  La notorietà dell’UTMB e la località di Chamonix hanno un costo da pagare. A differenza di altri trail, qui c’è un ambiente da città affollata, con tutti i disagi della situazione. Chamonix è un grande lunapark e anche l’UTMB è una attrazione per i turisti anche se la partenza e l’arrivo che si svolgono qui sono poca cosa rispetto alle ore da passare in montagna. Comunque l’atmosfera che si respira è festosa, quindi ben venga. Adesso che ho il pettorale e ho capito come muovermi torno ad Argentiere, domani giornata libera per fare una gita nei dintorni. Le possibilità sono moltissime, scelgo di percorrere il balcon sud con vista sul M. Bianco. .
Eccoci, arriva venerdì 29 agosto, il giorno della partenza, lascio il campeggio a Argentiere e vado al posteggio di Brevent, stranamente vuoto.  Prima di mezzogiorno sono già seduto nella splendida mensa del liceo di Chamonix per il pranzo pregara, livello sempre eccellente. Dopo pranzo ritorno al posteggio per cercare un po’ di relax, verso le 16 vestito e con lo zainetto allestito ritorno ancora al centro sportivo per consegnare la sacca e quindi mi porto nella piazza della partenza. Già un’ora prima del via i posti davanti sono occupati, mi siedo come tutti gli altri nella piazza, con l’idea di risparmiare le energie. 
Il meteo minaccia, arrivano gli ispettori che mi controllano il materiale, tutto a posto. Un acquazzone d’avanguardia fa uscire dagli zaini le giacche, poi smette, ma a 5 min. dal via riprende a piovere e quasi tutti frettolosamente si ricoprono. 
Si parte, ma prima di cominciare a muoversi , e poi a camminare passano alcuni minuti. E’ un bel momento, gran confusione, attenzione a bastoncini e ostacoli, ma ci si muove.  Quando si riesce a correre un po’ cerco l’andatura di conserva anche se il percorso pianeggiante consentirebbe di andare veloce.  Smette anche di piovere, mi tolgo subito la giacca perché la temperatura  è calda. Anzi quasi mi pento di avere i pantaloni al ginocchio e le calze lunghe, ma invece tra poco andranno bene. 
Il primo ristoro a Les Houches è spettacolare di qui passano tutti i 2500 corridori nel corso di pochi minuti. Comincia la prima salita su strada bianca, e ricomincia a piovere forte, mi rimetto la giacca in goretex,  è un po’ pesante ma ne apprezzerò le  proprietà di tenermi asciutto, ci voleva. 
Intanto si capisce che la pioggia crea maggiormente  problemi al terreno, che diventa fangoso sopratutto se lavorato dai circa mille corridori che mi precedono. La prima discesa fa veramente ridere, pratoni ripidi con erba  alta piegata e solchi fangosi, mi districo molto bene grazie alle scarpe Raptor della Sportiva, un po’ pesanti e rigide ma impermeabili e con ottima presa, vedo invece tanti che pattinano e che scendono molto cauti.  Finora almeno ho fatto  buone scelte su abbigliamento e scarpe, sono fiducioso.  Dopo 3 ore passo il primo cancello a Saint Gervais con 1 ora di margine, è quello che mi aspettavo. C’è ancora molto raggruppamento, ma l’organizzazione è ottima e i ristori sono fruibili e forniti. C’è molta gente che assiste al passaggio e applaude e incita con un bravò alla francese.  Il percorso prosegue lungo il fondovalle, non lontano da strada asfaltata, su fondo alquanto bagnato e fangoso e oramai è buio,  sotto la pioggia, veramente triste. L’unica consolazione e speranza sono le previsioni meteo che danno un successivo miglioramento.  Si corre in silenzio con attenzione particolare a non mettere il piede nella melma profonda, situazione sgradevole.   Si susseguono un paio di ristori affollati, ma che  sono una gran festa di gente e di luci e di cose buone. 
La pioggia diminuisce, i fango rimane, ma almeno su terreno più erto i sentieri sembrano più drenati. Si sale in un lunghissimo serpentone luminoso, la notte è umida e calda, si intravede qualche stella, in quota si esce dalla fascia di nebbie e il bagnato comincia ad evaporare dai vestiti,  si raggiunge la Croix Du du Bonhome 2400m e con rapida discesa la località di Capieux, estremo sud del percorso. Comincia nel cuore della notte la salita al Col della Seigne spartiacque con la val Veny, una salita resa visibile dalla lunga linea luminosa di frontali che precede e che segue, non si vede la fine della linea. Al Col della Seigne molta soddisfazione, è un’altro punto significativo raggiunto, si passa in Italia, l’alba è imminente, si scende, il tempo è sereno, 
Courmayeur è vicina. La discesa dal colle è tecnica, tipo che potresti anche correre in alcuni punti ma in altri devi frenare e il sentiero  a volte è un solco, ed è tutto bagnato, ed è ancora buio. In basso la linea luminosa lascia intendere il piano, al centro un grosso faro indica il ristoro in tendoni di Lac Combal. Lo raggiungo alle 05:40, il cancello orario è alle 08:30, non mi sembra proprio di andare veloce, indietro vedo una grande coda ancora scendere dal col de la Seigne. 
Riparto nel piano, riesco a correre, piano ma in continuo. L’alba risolleva molto il morale, e prendo bene la salita sui pendii del Mont Favre, perché intanto ammiro il versante italiano del Bianco mentre si colora di rosa. 
Passata la notte e le prime difficoltà ora il prosieguo della corsa sembra favorevole. Mentre ammiro il paesaggio arrivo alla cresta del Mont Favre, ora via in discesa. Al ristoro del col chechcrouit finalmente una tazza di caffè e pane con miele, la notte è passata, non ho sonno, sto bene, Courmayeur è in vista. Mi butto  in discesa sul ripido sentiero, non vedo l’ora di arrivare a Courmayeur per cambiarmi, per mangiare, per ripartire e approfittare della bella giornata.  Scendo veloce su Dolonne e rivedo piacevolmente il centro sportivo, ritiro la sacca, impressionanti le rastrelliere  con i 2500 sacchi disposti ordinatamente, entro nel centro, la prima sala affollata è riservata ai corridori che usufruiscono di aiuto di amici e parenti, ma sopra nel grande spazio predisposto solo per i corridori c’è più tranquillità. Mi cambio tutto ,le calze e le scarpe sono impregnate di fango, una veloce rinfrescata, un ottimo piatto di pasta, frutta, dolce, sono a posto per la ripartenza, ho fatto circa 70km, ne mancano 100, ma mi sembra di essere più avanti, la bella giornata induce molto ottimismo.  Dopo la apatia notturna in cui non mi sono curato molto di quanto avevo attorno, adesso osservo i miei compagni di corsa, noto qualche segno di stanchezza e di preoccupazione. Io sono impaziente di ripartire perché mi aspetta il balcone sulla val Ferré che immagino molto panoramico. Attraverso il centro di Courmayeur dove fervono  i preparativi per il Tor des Geants, e dopo un lungo tratto su asfalto finalmente comincia la salita al rif. Bertone. Bel sentiero finalmente asciutto e gradinato, imposto il mio passo senza forzare, ma in salita esprimo il meglio delle mie potenzialità, infatti riesco a sorpassare qualcuno. Molta cordialità al rif. Bertone, sempre ottimo ristoro. 
Ancora non appare il panorama sul massiccio, bisogna ripartire verso il rif. Bonatti e superare infine il costone per ammirare lo spettacolo. Il percorso ora è panoramico ma anche ondulato, comincio ad avvertire problemi di vesciche ai piedi. devo fermarmi per mettere qualche cerotto. La densità di compagni ora è minore, si comincia a viaggiare in parallelo, con sorpassi e controsorpassi ripetuti. Il tratto Bertone -  Bonatti, sarebbe veloce e molto bello da correre, ma lo subisco un po’ e lo percorro piuttosto lentamente, anche perché lo immaginavo più breve.
Molto bello arrivare al Bonatti, panorama sul massiccio notevole, accoglienza molto buona, ripartenza veloce, verso il fondo della val Ferrè. 
Scendo e raggiungo Arnuva in breve, sono le 13:15, ho 4 ore di vantaggio sul cancello orario.  Il ristoro è allegro a parte una signora francese che mi sgrida perché prendo una seconda scodella di brodo + pasta dopo aver buttato via il primo contenitore, avrei dovuto chiedere un ulteriore riempimento, ma non avevo visto nessuno con un mestolo in mano. Ma la signora non insiste con l’argomento. Riparto dunque per la salita al Col Ferrè e ho buone sensazioni dalle gambe. 
Finora  è andata bene, riesco a mangiare, niente nausea, ho avuto un paio di cali di forze ma si sono risolti velocemente, il morale è buono, il bel tempo e i panorami mi compensano della fatica. Raggiungo facilmente il Col Ferrè e inizio il lungo tratto in discesa. Il panorama ora è decisamente svizzero, verdi pascoli prevalentemente. 
La discesa inizialmente è veloce, poi si complica leggermente con tratti ondulati e più stretti, la lunghezza del tratto di saliscendi logora un po’ e risulta faticosa.  A metà del percorso in questa valle c’è il ristoro nel paese di La Fouly. Quando esco mi sento un po’ scarico e cerco un prato per distendermi a fare un pisolino, ma dopo pochi minuti sdraiato mi riscuoto e ricomincio a correre nel interminabile fondovalle, incontro anche due ispettori che mi dicono bravò per avere il pettorale ben visibile, come da regolamento.  Cominciavo a preoccuparmi per la lunghezza del  percorso semipianeggiante finalmente si devia e comincia la salita per Champex. 
In salita mi sento più adeguato non si corre e il mio passo è buono.  Champex è un centro turistico, tanta gente, grande ristoro. Sono le 19:30, il pensiero è per la notte imminente, ma anche tranquillità per la consapevolezza  di essere a buon punto. Mancano 46 km e 3 salite importanti, ho un gran margine di tempo sui cancelli, sto bene. Ma non mi soffermo molto al ristoro c’è molto trambusto a stare fermo sento crescere l’inquietitudine mentre non recupero forze e nemmeno morale. Esco e percorrendo il lungo lago assaporo per poco lìatmosfera di vacanza e del relax, cosa che al momento non mi serve a molto. Assaporo anche il tramonto, molto meglio di quello di ieri sotto la pioggia. 
E' l'ultima fotografia che scatto mentre corro, la notte non mi viene in mente di fare fotografie e nel prossimo mattino avrò altro a cui pensare.
Si sa che la sera induce a pensieri introspettivi, mi lascio distrarre dalla bella serata estiva e improvvisamente con l’ingresso in un bosco lascio definitivamente la luce e  mi oriento col fascio della frontale. Ho gente davanti e dietro, per ora siamo su una mulattiera che però comincia a salire ripida, quindi prendo il mio solito passo da salita che è ancora buono. Dietro mi si accoda un gruppo, avere un battistrada al buio sembra faccia comodo, sento  il mio compagno dietro che ansima, vorrei che si staccasse, ma lui non molla, ne io rallento o mi fermo, per una buona mezzora o forse più, mi sento braccato e non faccio altro che continuare a spingere in salita. In alto a quasi 2000m  si apre la visione sul fondovalle del Vallese, una esagerazione di luci. Quasi in cima mi devo fermare, sono ancora in pantaloncini e maglietta e qualche folata d’aria mi raffredda, lascio passare tutto il gruppo che mi stava alle costole e mi copro. Purtroppo ora siamo su prati e il tratto semipianeggiante prima dello scollinamento  è intriso d’acqua il sentiero è un solco colmo di fango, speravo di non trovarne più. Il Vallese luminoso è sempre in vista, comincia la discesa, si tratta di un sentiero accidentato, stretto, scivoloso, consente di correre solo per pochi metri, mi sento molto impacciato, raggiungo uno che cammina piano, ha male ai tendini del polpaccio, ma non richiede aiuto.  Nel mezzo di questi attraversamenti montani c’è sempre un punto di controllo dei passaggi, per evitare che qualcuno prenda l’autobus, ad una baita un gruppo di giovani incaricati del controllo passa il tempo con musica ad alto volume e schiamazzi, sono un punto  di riferimento anche acustico. Discendo lento, cambio anche la frontale, mi rendo conto del vantaggio di averne una potente, come quella di alcuni compagni.  Il sentiero qui non è un granché, niente di quello che immaginavo, cioè sentieri rocciosi, gradinati e lastricati, invece si cammina su terreno terroso, un solco inciso su pendii a tratti ripidi, temo anche che un colpo di sonno o una distrazione mi faccia finire in basso, non so dove. Dunque molta attenzione a mettere bene i piedi e a non sbagliare le curve. Si prosegue in un lungo traverso, fino a quando si comincia a intravedere qualche luce in basso e a sentire i primi rumori, infine un toboga ripido e tortuoso, divertente, porta sul fondo valle un gruppo di giovani attende i passaggi dei concorrenti e li accoglie con suono di campanacci e grida. A mezzanotte circa sono a Trient, non sono molto consapevole dell’orario, però arrivando al ristoro luminoso , e accogliente mi si risolleva il morale.
Adesso mi alimento con quella specie di pasta in brodo che offrono, pasta bollita con aggiunta al momento di brodo caldo, la reggo, poi un pezzo di crostata, arancia, e tanto caffè.  C’è sempre molta gente del paese a curiosare e a partecipare a quella che sembra la festa del paese.  Non ho fretta, adesso mancano due salite, e sono nel cuore della notte, non mi interessa molto percorrere i sentieri al buio, ma non c’è alternativa, stare fermi è deleterio, riparto al più presto. Appena fuori si sente un po’ il freddo, ma appena ci si muove si suda, la notte è calda e afosa ma piacevole. 
Lasciato Trient, il sentiero sale subito, il passo è sempre quello, circa 600m/h, la densità di corridori ora è più bassa, supero qualcuno, ma perlopiù in salita si viaggia alla stessa velocità.  Questa salita fortunatamente è più asciutta, anche la successiva discesa sembra più corribile, in discesa sono lento, qualcuno  mi supera e scende parecchio veloce, infine mi accodo ad un compagno che scende con il mio passo e lo seguo fino in fondo, alle 02:50 arrivo a Vallorcine, nonostante l’ora  il paesino è affollato, e sono accolto in ingresso al ristoro da gente che applaude. Qui è proprio festa, con tanto di musica ad alto volume e folla di giovani del paese. Ristoro standard, pasta, dolce, frutta, caffè, caffè. Indugio un po’ di più al ristoro, non mi attrae l’idea di ritornare fuori al buio, inoltre manca solo una salita, e una discesa, però alla fine riprendo il cammino. 
Il percorso ora sembra pianeggiante, ma costeggia un torrente impetuoso, quindi si sale verso il Col des Montets, dove si attraversa lo stradone principale della valle, la valle di Chamonix. Lungo questo tratto se avessi trovato un posto adatto mi sarei fermato a chiudere gli occhi, ma è troppo umido e desolato, non trovo niente di adatto, intanto alcune luci mi seguono da vicino, non vorrei farmi trovare accovacciato a dormire lungo il sentiero. Arrivo al Colle, c’è l’assistenza per l’attraversamento della strada, e così comincia quest’ultima salita. La prendo proprio piano, continuo a cercare un posto per accovacciarmi almeno 10 min. ma i compagni che mi seguono e che mi superano non mi lasciano chance. Continuo a salire anche perchè il sentiero è particolare, un bel sentiero ripido, lastricato, a tornanti stretti, questo mi piacerebbe se il morale fosse più alto. In alto il panorama si apre, il cielo si rischiara, comincia la discesa, mi sento rianimare, la luce diurna mi risveglia, adesso mi viene voglia di spingere un po’. Ricomincio ad essere io a sorpassare, non è sempre facile se quello che ti precede non si sposta per farti passare, presto molta attenzione agli appoggi, il sentiero è costituito da sassoni su cui appoggiarsi o da evitare. L’obiettivo è l’ultimo ristoro nei pressi della funivia De La Flegere, ci sono stato nei giorni prima della gara, quando intravedo la stazione della funivia, e mi rendo conto di esserci vicino mi rianimo definitivamente.  Nell’ultimo breve tratto in salita per raggiungere il ristoro salgo veloce, è giorno e mi sento molto meglio.  Sarà anche  l’effetto del gel di carboidrati che qualche minuto prima avevo preso. 
Nel tendone del ristoro della Flegere, mi cambio togliendo maglia e pantaloni, prendo una bella tazza di caffè risistemo lo zaino, metto via i bastoncini e riparto subito. Manca solo una discesa di 850m e 8km fino a Chamonix.
Mi sento bene, dopo una breve sosta a togliere i sassolini dalle scarpe riparto di corsa. Trovo un bel passo, anzi mi butto in discesa e comincio a superare molti corridori, mi faccio ancora una tirata di gel, e continuo a correre in discesa, sarà l’adrenalina, ma quando vedo un corridore davanti accelero lo raggiungo e lo supero a velocità molto sostenuta, penso di fare una cavolata perché potrei anche inciampare, ma mi sento molto bene. Cerco anche di stare attento ai segnavia, non devo sbagliare strada proprio adesso, ci sono alcune deviazioni, gli incroci di sentieri sono numerosi. Più in basso la pendenza diminuisce, temo adesso di non riuscire più a correre, invece continuo e faccio ancora qualche sorpasso. Mi sento un po’ stupido , forse dovrei assaporare meglio questo momento, ma è come se finora mi fossi trattenuto per paura di andare in crisi, e adesso invece mi sento libero di correre.
Giungo infine nell’abitato di Chamonix, ancora lontano dal centro, ora il percorso è pianeggiante, però ho ancora forze per correre. Rapidamente mi ritrovo nella zona degli impianti sportivi dove cominciano le transenne, sono circa le 8 di mattina, ma c’è gente in giro. Infine entro nel centro di Chamonix, continuo a correre e forse accelero, so che non ha senso ma è una reazione alla felicità di essere arrivato  e comunque mi sentirei più impacciato a camminare.  E’ anche un modo per sottrarmi velocemente all’attenzione della molta gente, mi fa piacere essere al centro dell’attenzione ma limitatamente.Sono arrivato e mi sento bene, a parte un senso di stordimento dovuto più alla mancanza di sonno che all’affaticamento. Questo momento  diventa presto molto personale, dopo aver tagliato il traguardo, dentro di me sono molto contento e comincio a lasciare andare la tensione che ho avuto finora.
Conclusioni:
La corsa è stato solo un paragrafo di questa avventura, dalla lotteria per l’iscrizione, alla lunga programmazione per ottenere una preparazione adeguata, ai preparativi ed al viaggio a Chamonix,  gli elementi in gioco sono stati proprio tanti. Un gran bel gioco, visto che alla fine ne ho ottenuto molto divertimento e distrazione. Ho fatto una cosa che mi piace, muovermi in ambiente montano, condividere l’esperienza, vivere una avventura, provare qualcosa di forte, avere delle sorprese. Di sicuro porto a casa maggior autostima, consapevolezza e conoscenza, di me stesso e del mondo che essendo molto grande ha sempre qualcosa da insegnare, oltre ad una condizione fisica migliore di prima. Se la fase di preparazione l’ho vissuta più personalmente, accennando la situazione solo alle persone più prossime, i giorni a Chamonix e sul percorso sono stati invece un grande incontro con la gente, non che abbia parlato a lungo con qualcuno, ma ho recepito gli stati d’animo, le aspettative e i comportamenti di molti altri con cui abbiamo fatto questo gioco, esperienza,  etc. Per me è un passo avanti per avere una visione più chiara di me stesso e della complesso umano e naturale che intravedo. Un punto di ripartenza, la possibilità di proseguire ad un livello più alto, avendo in tasca una grande esperienza  e idee nuove.