UTMB 2014 Il racconto dettagliato.
Dalla prima volta che ho sentito parlare di questa corsa al
momento del ritiro pettorale è passato molto tempo e negli ultimi mesi era
sempre presente il pensiero di questo avvenimento, nel fare attenzione al cibo,
nell’allenarsi, nella programmazione delle altre gare, sempre in previsione
dell’UTMB. Ma, finalmente sono a Chamonix e tra le mani ho il pettorale N.
1189, è già un risultato. Sono molto curioso di quello che mi sta attorno qui
Chamonix, l’organizzazione è a livello dei numeri, la consegna dei pettorali
avviene in un centro sportivo, all’interno di un palasport gli spazi sono
organizzati come in centro di produzione, si segue un percorso tipo Ikea, il
flusso di lavoro è fluido senza punti di ristagno, bisogna seguire una sequenza
dei passaggi obbligati senza perdere troppo tempo.
All’orario di apertura,
rispettato rigorosamente , si è formata una lunga coda, comincia a vedersi la folla di partecipanti alla manifestazione.
Già si notano i raggruppamenti per nazionalità, e i molti che sono seguiti
dalle famiglie e dai bambini i quali trovano divertente l’ambiente, per tutti
quanti questo è un gioco.
Da Chamonix osservo la frana sul Dru
Le aspettative sono buone, innanzitutto le previsioni
meteo per i giorni della corsa non sono pessime, anche se si prevede un
peggioramento del tempo che invece al momento è splendido. Bisogna accontentarsi,
perché avere tempo molto brutto sarebbe un disastro. La notorietà dell’UTMB e la località di
Chamonix hanno un costo da pagare. A differenza di altri trail, qui c’è un
ambiente da città affollata, con tutti i disagi della situazione. Chamonix è un
grande lunapark e anche l’UTMB è una attrazione per i turisti anche se la
partenza e l’arrivo che si svolgono qui sono poca cosa rispetto alle ore da
passare in montagna. Comunque l’atmosfera che si respira è festosa, quindi ben
venga. Adesso che ho il pettorale e ho capito come muovermi torno ad
Argentiere, domani giornata libera per fare una gita nei dintorni. Le possibilità sono moltissime, scelgo di percorrere il balcon sud con vista sul M. Bianco. .
Eccoci, arriva
venerdì 29 agosto, il giorno della partenza, lascio il campeggio a Argentiere e
vado al posteggio di Brevent, stranamente vuoto. Prima di mezzogiorno sono già seduto nella
splendida mensa del liceo di Chamonix per il pranzo pregara, livello sempre
eccellente. Dopo pranzo ritorno al posteggio per cercare un po’ di relax, verso
le 16 vestito e con lo zainetto allestito ritorno ancora al centro sportivo per
consegnare la sacca e quindi mi porto nella piazza della partenza. Già un’ora
prima del via i posti davanti sono occupati, mi siedo come tutti gli altri
nella piazza, con l’idea di risparmiare le energie.
Il meteo minaccia, arrivano
gli ispettori che mi controllano il materiale, tutto a posto. Un acquazzone d’avanguardia
fa uscire dagli zaini le giacche, poi smette, ma a 5 min. dal via riprende a
piovere e quasi tutti frettolosamente si ricoprono.
Si parte, ma prima di
cominciare a muoversi , e poi a camminare passano alcuni minuti. E’ un bel
momento, gran confusione, attenzione a bastoncini e ostacoli, ma ci si muove. Quando si riesce a correre un po’ cerco
l’andatura di conserva anche se il percorso pianeggiante consentirebbe di
andare veloce. Smette anche di piovere,
mi tolgo subito la giacca perché la temperatura è calda. Anzi quasi mi pento di avere i
pantaloni al ginocchio e le calze lunghe, ma invece tra poco andranno bene.
Il
primo ristoro a Les Houches è spettacolare di qui passano tutti i 2500
corridori nel corso di pochi minuti. Comincia la prima salita su strada bianca,
e ricomincia a piovere forte, mi rimetto la giacca in goretex, è un po’ pesante ma ne apprezzerò le proprietà di tenermi asciutto, ci
voleva.
Intanto si capisce che la
pioggia crea maggiormente problemi al
terreno, che diventa fangoso sopratutto se lavorato dai circa mille corridori
che mi precedono. La prima discesa fa veramente ridere, pratoni ripidi con erba
alta piegata e solchi fangosi, mi
districo molto bene grazie alle scarpe Raptor della Sportiva, un po’ pesanti e
rigide ma impermeabili e con ottima presa, vedo invece tanti che pattinano e
che scendono molto cauti. Finora almeno
ho fatto buone scelte su abbigliamento e
scarpe, sono fiducioso. Dopo 3 ore passo
il primo cancello a Saint Gervais con 1 ora di margine, è quello che mi
aspettavo. C’è ancora molto raggruppamento, ma l’organizzazione è ottima e i
ristori sono fruibili e forniti. C’è molta gente che assiste al passaggio e
applaude e incita con un bravò alla francese. Il percorso prosegue lungo il fondovalle, non
lontano da strada asfaltata, su fondo alquanto bagnato e fangoso e oramai è
buio, sotto la pioggia, veramente
triste. L’unica consolazione e speranza sono le previsioni meteo che danno un
successivo miglioramento. Si corre in
silenzio con attenzione particolare a non mettere il piede nella melma
profonda, situazione sgradevole. Si susseguono un paio di ristori affollati, ma che sono una gran festa di gente e di luci e di
cose buone.
La pioggia diminuisce, i fango rimane, ma almeno su terreno più
erto i sentieri sembrano più drenati. Si sale in un lunghissimo serpentone
luminoso, la notte è umida e calda, si intravede qualche stella, in quota si
esce dalla fascia di nebbie e il bagnato comincia ad evaporare dai
vestiti, si raggiunge la Croix Du du
Bonhome 2400m e con rapida discesa la località di Capieux, estremo sud del
percorso. Comincia nel cuore della notte la salita al Col della Seigne
spartiacque con la val Veny, una salita resa visibile dalla lunga linea
luminosa di frontali che precede e che segue, non si vede la fine della linea.
Al Col della Seigne molta soddisfazione, è un’altro punto significativo
raggiunto, si passa in Italia, l’alba è imminente, si scende, il tempo è
sereno,
Courmayeur è vicina. La discesa dal colle è tecnica, tipo che potresti
anche correre in alcuni punti ma in altri devi frenare e il sentiero a volte è un solco, ed è tutto bagnato, ed è
ancora buio. In basso la linea luminosa lascia intendere il piano, al centro un
grosso faro indica il ristoro in tendoni di Lac Combal. Lo raggiungo alle
05:40, il cancello orario è alle 08:30, non mi sembra proprio di andare veloce,
indietro vedo una grande coda ancora scendere dal col de la Seigne.
Riparto nel
piano, riesco a correre, piano ma in continuo. L’alba risolleva molto il
morale, e prendo bene la salita sui pendii del Mont Favre, perché intanto
ammiro il versante italiano del Bianco mentre si colora di rosa.
Passata la
notte e le prime difficoltà ora il prosieguo della corsa sembra favorevole.
Mentre ammiro il paesaggio arrivo alla cresta del Mont Favre, ora via in
discesa. Al ristoro del col chechcrouit finalmente una tazza di caffè e pane
con miele, la notte è passata, non ho sonno, sto bene, Courmayeur è in vista. Mi
butto in discesa sul ripido sentiero,
non vedo l’ora di arrivare a Courmayeur per cambiarmi, per mangiare, per
ripartire e approfittare della bella giornata.
Scendo veloce su Dolonne e rivedo piacevolmente il centro sportivo,
ritiro la sacca, impressionanti le rastrelliere
con i 2500 sacchi disposti ordinatamente, entro nel centro, la prima
sala affollata è riservata ai corridori che usufruiscono di aiuto di amici e
parenti, ma sopra nel grande spazio predisposto solo per i corridori c’è più
tranquillità. Mi cambio tutto ,le calze e le scarpe sono impregnate di fango,
una veloce rinfrescata, un ottimo piatto di pasta, frutta, dolce, sono a posto
per la ripartenza, ho fatto circa 70km, ne mancano 100, ma mi sembra di essere
più avanti, la bella giornata induce molto ottimismo. Dopo la apatia notturna in cui non mi sono
curato molto di quanto avevo attorno, adesso osservo i miei compagni di corsa,
noto qualche segno di stanchezza e di preoccupazione. Io sono impaziente di
ripartire perché mi aspetta il balcone sulla val Ferré che immagino molto
panoramico. Attraverso il centro di Courmayeur dove fervono i preparativi per il Tor des Geants, e dopo un
lungo tratto su asfalto finalmente comincia la salita al rif. Bertone. Bel
sentiero finalmente asciutto e gradinato, imposto il mio passo senza forzare,
ma in salita esprimo il meglio delle mie potenzialità, infatti riesco a
sorpassare qualcuno. Molta cordialità al rif. Bertone, sempre ottimo ristoro.
Ancora non appare il panorama sul massiccio, bisogna ripartire verso il rif.
Bonatti e superare infine il costone per ammirare lo spettacolo. Il percorso
ora è panoramico ma anche ondulato, comincio ad avvertire problemi di vesciche
ai piedi. devo fermarmi per mettere qualche cerotto. La densità di compagni ora
è minore, si comincia a viaggiare in parallelo, con sorpassi e controsorpassi
ripetuti. Il tratto Bertone - Bonatti,
sarebbe veloce e molto bello da correre, ma lo subisco un po’ e lo percorro
piuttosto lentamente, anche perché lo immaginavo più breve.
Molto bello arrivare al Bonatti, panorama sul
massiccio notevole, accoglienza molto buona, ripartenza veloce, verso il fondo
della val Ferrè.
Scendo e raggiungo Arnuva in breve, sono le 13:15, ho 4 ore di
vantaggio sul cancello orario. Il
ristoro è allegro a parte una signora francese che mi sgrida perché prendo una
seconda scodella di brodo + pasta dopo aver buttato via il primo contenitore,
avrei dovuto chiedere un ulteriore riempimento, ma non avevo visto nessuno con
un mestolo in mano. Ma la signora non insiste con l’argomento. Riparto dunque
per la salita al Col Ferrè e ho buone sensazioni dalle gambe.
Finora è andata bene, riesco a mangiare, niente
nausea, ho avuto un paio di cali di forze ma si sono risolti velocemente, il
morale è buono, il bel tempo e i panorami mi compensano della fatica. Raggiungo
facilmente il Col Ferrè e inizio il lungo tratto in discesa. Il panorama ora è
decisamente svizzero, verdi pascoli prevalentemente.
La discesa inizialmente è
veloce, poi si complica leggermente con tratti ondulati e più stretti, la
lunghezza del tratto di saliscendi logora un po’ e risulta faticosa. A metà del percorso in questa valle c’è il
ristoro nel paese di La Fouly. Quando esco mi sento un po’ scarico e cerco un
prato per distendermi a fare un pisolino, ma dopo pochi minuti sdraiato mi
riscuoto e ricomincio a correre nel interminabile fondovalle, incontro anche
due ispettori che mi dicono bravò per avere il pettorale ben visibile, come da
regolamento. Cominciavo a preoccuparmi
per la lunghezza del percorso semipianeggiante
finalmente si devia e comincia la salita per Champex.
In salita mi sento più
adeguato non si corre e il mio passo è buono.
Champex è un centro turistico, tanta gente, grande ristoro. Sono le
19:30, il pensiero è per la notte imminente, ma anche tranquillità per la
consapevolezza di essere a buon punto.
Mancano 46 km e 3 salite importanti, ho un gran margine di tempo sui cancelli,
sto bene. Ma non mi soffermo molto al ristoro c’è molto trambusto a stare fermo
sento crescere l’inquietitudine mentre non recupero forze e nemmeno morale.
Esco e percorrendo il lungo lago assaporo per poco lìatmosfera di vacanza e del
relax, cosa che al momento non mi serve a molto. Assaporo anche il tramonto,
molto meglio di quello di ieri sotto la pioggia.
E' l'ultima fotografia che scatto mentre corro, la notte non mi viene in mente di fare fotografie e nel prossimo mattino avrò altro a cui pensare.
Si sa che la sera induce a
pensieri introspettivi, mi lascio distrarre dalla bella serata estiva e
improvvisamente con l’ingresso in un bosco lascio definitivamente la luce e mi oriento col fascio della frontale. Ho gente
davanti e dietro, per ora siamo su una mulattiera che però comincia a salire
ripida, quindi prendo il mio solito passo da salita che è ancora buono. Dietro
mi si accoda un gruppo, avere un battistrada al buio sembra faccia comodo,
sento il mio compagno dietro che ansima, vorrei che si staccasse, ma lui non molla, ne io rallento o mi fermo, per una buona mezzora o forse più, mi
sento braccato e non faccio altro che continuare a spingere in salita. In alto a quasi 2000m si apre la visione sul
fondovalle del Vallese, una esagerazione di luci. Quasi in cima mi devo
fermare, sono ancora in pantaloncini e maglietta e qualche folata d’aria mi
raffredda, lascio passare tutto il gruppo che mi stava alle costole e mi copro.
Purtroppo ora siamo su prati e il tratto semipianeggiante prima dello
scollinamento è intriso d’acqua il
sentiero è un solco colmo di fango, speravo di non trovarne più. Il Vallese
luminoso è sempre in vista, comincia la discesa, si tratta di un sentiero
accidentato, stretto, scivoloso, consente di correre solo per pochi metri, mi
sento molto impacciato, raggiungo uno che cammina piano, ha male ai tendini del
polpaccio, ma non richiede aiuto. Nel
mezzo di questi attraversamenti montani c’è sempre un punto di controllo dei
passaggi, per evitare che qualcuno prenda l’autobus, ad una baita un gruppo di
giovani incaricati del controllo passa il tempo con musica ad alto volume e
schiamazzi, sono un punto di riferimento
anche acustico. Discendo lento, cambio anche la frontale, mi rendo conto del
vantaggio di averne una potente, come quella di alcuni compagni. Il sentiero qui non è un granché, niente di
quello che immaginavo, cioè sentieri rocciosi, gradinati e lastricati, invece
si cammina su terreno terroso, un solco inciso su pendii a tratti ripidi, temo
anche che un colpo di sonno o una distrazione mi faccia finire in basso, non so
dove. Dunque molta attenzione a mettere bene i piedi e a non sbagliare le
curve. Si prosegue in un lungo traverso, fino a quando si comincia a
intravedere qualche luce in basso e a sentire i primi rumori, infine un toboga
ripido e tortuoso, divertente, porta sul fondo valle un gruppo di giovani
attende i passaggi dei concorrenti e li accoglie con suono di campanacci e
grida. A mezzanotte circa sono a Trient, non sono molto consapevole dell’orario,
però arrivando al ristoro luminoso , e accogliente mi si risolleva il morale.
Adesso mi alimento con quella specie di pasta in brodo che offrono, pasta
bollita con aggiunta al momento di brodo caldo, la reggo, poi un pezzo di
crostata, arancia, e tanto caffè. C’è sempre
molta gente del paese a curiosare e a partecipare a quella che sembra la festa
del paese. Non ho fretta, adesso mancano
due salite, e sono nel cuore della notte, non mi interessa molto percorrere i
sentieri al buio, ma non c’è alternativa, stare fermi è deleterio, riparto al
più presto. Appena fuori si sente un po’ il freddo, ma appena ci si muove si
suda, la notte è calda e afosa ma piacevole.
Lasciato Trient, il sentiero sale subito, il passo è sempre quello,
circa 600m/h, la densità di corridori ora è più bassa, supero qualcuno, ma perlopiù
in salita si viaggia alla stessa velocità. Questa salita fortunatamente è più asciutta,
anche la successiva discesa sembra più corribile, in discesa sono lento,
qualcuno mi supera e scende parecchio
veloce, infine mi accodo ad un compagno che scende con il mio passo e lo seguo
fino in fondo, alle 02:50 arrivo a Vallorcine, nonostante l’ora il paesino è affollato, e sono accolto in
ingresso al ristoro da gente che applaude. Qui è proprio festa, con tanto di
musica ad alto volume e folla di giovani del paese. Ristoro standard, pasta,
dolce, frutta, caffè, caffè. Indugio un po’ di più al ristoro, non mi attrae l’idea
di ritornare fuori al buio, inoltre manca solo una salita, e una discesa, però
alla fine riprendo il cammino.
Il
percorso ora sembra pianeggiante, ma costeggia un torrente impetuoso, quindi si
sale verso il Col des Montets, dove si attraversa lo stradone principale della
valle, la valle di Chamonix. Lungo questo tratto se avessi trovato un posto
adatto mi sarei fermato a chiudere gli occhi, ma è troppo umido e desolato, non
trovo niente di adatto, intanto alcune luci mi seguono da vicino, non vorrei
farmi trovare accovacciato a dormire lungo il sentiero. Arrivo al Colle, c’è l’assistenza
per l’attraversamento della strada, e così comincia quest’ultima salita. La
prendo proprio piano, continuo a cercare un posto per accovacciarmi almeno 10
min. ma i compagni che mi seguono e che mi superano non mi lasciano chance. Continuo a salire anche perchè il sentiero è particolare, un bel sentiero ripido,
lastricato, a tornanti stretti, questo mi piacerebbe se il morale fosse più alto.
In alto il panorama si apre, il cielo si rischiara, comincia la discesa, mi
sento rianimare, la luce diurna mi risveglia, adesso mi viene voglia di
spingere un po’. Ricomincio ad essere io a sorpassare, non è sempre facile se
quello che ti precede non si sposta per farti passare, presto molta attenzione
agli appoggi, il sentiero è costituito da sassoni su cui appoggiarsi o da
evitare. L’obiettivo è l’ultimo ristoro nei pressi della funivia De La Flegere,
ci sono stato nei giorni prima della gara, quando intravedo la stazione della funivia, e mi
rendo conto di esserci vicino mi rianimo definitivamente. Nell’ultimo breve tratto in salita per raggiungere il ristoro salgo veloce,
è giorno e mi sento molto meglio. Sarà
anche l’effetto del gel di carboidrati
che qualche minuto prima avevo preso.
Nel tendone del ristoro della Flegere, mi cambio togliendo maglia e
pantaloni, prendo una bella tazza di caffè risistemo lo zaino, metto via i
bastoncini e riparto subito. Manca solo una discesa di 850m e 8km fino a Chamonix.
Mi sento bene, dopo una breve sosta a
togliere i sassolini dalle scarpe riparto di corsa. Trovo un bel passo, anzi mi
butto in discesa e comincio a superare molti corridori, mi faccio ancora una
tirata di gel, e continuo a correre in discesa, sarà l’adrenalina, ma quando
vedo un corridore davanti accelero lo raggiungo e lo supero a velocità molto
sostenuta, penso di fare una cavolata perché potrei anche inciampare,
ma mi sento molto bene. Cerco anche di stare attento ai segnavia, non devo
sbagliare strada proprio adesso, ci sono alcune deviazioni, gli incroci di
sentieri sono numerosi. Più in basso la pendenza diminuisce, temo adesso di non
riuscire più a correre, invece continuo e faccio ancora qualche sorpasso. Mi
sento un po’ stupido , forse dovrei assaporare meglio questo momento, ma è come
se finora mi fossi trattenuto per paura di andare in crisi, e adesso invece mi sento libero di correre.
Giungo infine nell’abitato
di Chamonix, ancora lontano dal centro, ora il percorso è pianeggiante, però ho
ancora forze per correre. Rapidamente mi ritrovo nella zona degli impianti
sportivi dove cominciano le transenne, sono circa le 8 di mattina, ma c’è gente
in giro. Infine entro nel centro di Chamonix, continuo a correre e forse
accelero, so che non ha senso ma è una reazione alla felicità di essere
arrivato e comunque mi sentirei più impacciato
a camminare. E’ anche un modo per
sottrarmi velocemente all’attenzione della molta gente, mi fa
piacere essere al centro dell’attenzione ma limitatamente.Sono arrivato e mi
sento bene, a parte un senso di stordimento dovuto più alla mancanza di sonno
che all’affaticamento. Questo momento diventa presto molto personale, dopo aver tagliato il traguardo, dentro di me
sono molto contento e comincio a lasciare andare la tensione che ho avuto finora.
La corsa è stato solo un paragrafo di questa avventura,
dalla lotteria per l’iscrizione, alla lunga programmazione per ottenere una preparazione
adeguata, ai preparativi ed al viaggio a Chamonix, gli elementi in gioco sono stati proprio
tanti. Un gran bel gioco, visto che alla fine ne ho ottenuto molto divertimento
e distrazione. Ho fatto una cosa che mi piace, muovermi in ambiente montano,
condividere l’esperienza, vivere una avventura, provare qualcosa di forte,
avere delle sorprese. Di sicuro porto a casa maggior autostima, consapevolezza
e conoscenza, di me stesso e del mondo che essendo molto grande ha sempre
qualcosa da insegnare, oltre ad una condizione fisica migliore di prima. Se la
fase di preparazione l’ho vissuta più personalmente, accennando la situazione solo
alle persone più prossime, i giorni a Chamonix e sul percorso sono stati invece
un grande incontro con la gente, non che abbia parlato a lungo con qualcuno, ma
ho recepito gli stati d’animo, le aspettative e i comportamenti di molti altri
con cui abbiamo fatto questo gioco, esperienza, etc. Per me è un passo avanti per avere una
visione più chiara di me stesso e della complesso umano e naturale che
intravedo. Un punto di ripartenza, la possibilità di proseguire ad un livello
più alto, avendo in tasca una grande esperienza
e idee nuove.