La soddisfazione di arrivare al traguardo cancella buona
parte dei pensieri emersi durante la gara. Pensieri negativi per la fatica, i
dolori agli arti, e per il senso di depressione da ipoglicemia, ma anche pensieri
positivi, per un panorama, una salita superata, una momentanea distrazione dalla
situazione contingente, come fermarsi due minuti a mangiare un panino. Ma
perlopiù predomina il dialogo interiore a indurti camminare, nonostante il forte disagio fisico, a convincerti di mangiare e bere, a dirti di fare attenzione
ad ogni passo, a farti fare attenzione di non sbagliare strada, mentre ricalcoli quanto manca all’arrivo,
rivaluti i problemi, il piede che fa male, le ginocchia pure, a farti sopportare il
vento gelido. Delle quasi 12 ore di corsa
continua, solo le prime 4 sono
energiche, oltre, sopraggiunge un calo, si passa completamente ad altra modalità
energetica, e qui entra in gioco la capacità di mantenere accesi almeno minimamente i meccanismi di supporto
alle attività di fisiologiche di supporto. Nonostante il senso di nausea
occorre alimentarsi, per contrastare l’apatia e la voglia di distendersi nel
prato, bisogna che il cervello riceva ancora qualche zucchero. Questo trail è
più impegnativo perchè in autosufficienza alimentare, ai ristori trovi solo
acqua, quindi ci si porta dietro il proprio cibo. Quest’anno ho cercato di
alimentarmi meglio, la banana per cominciare, poi il panino con la marmellata,
alternando sopratutto gel di carboidrati e barretta, poi tanta acqua in parte
con maltodestrine. La performance non è
stata molto meglio dell’anno scorso, ci ho messo meno tempo, ma le condizioni
del terreno erano molto favorevoli. L’anno scorso c’era fango e pioggia, stavolta nel finale sono stato più brillante, segno di una buona gestione delle risorse e dell’alimentazione.
La partenza e le prime fasi del trail sono sempre critici, intanto tutti vanno
molto veloci e la tentazione a tenere il passo del gruppo è forte, poi si parte
quasi sempre in salita e lo sforzo è intenso. Ho cercato di controllare il
ritmo, ma mi sono reso conto di essere comunque al di sopra del limite che
volevo tenere, infatti mi sono rallentato dopo, non per volontà ma per esaurimento
carburante. Questo trail è perfetto, luogo superbo, isolato e selvaggio, gente
accogliente, organizzazione perfetta, sentieri a posto, segnalazioni
abbondanti, assistenza abbondante. Ma non è un trail da sottovalutare, quest’anno
il freddo ha colpito, alla partenza la temperatura era fresca, ma il cielo sereno e l’aria calma lasciavano
prevedere temperature miti, invece, sui
crinali tirava vento molto freddo. Io ho sbagliato abbigliamento e ho sofferto
anche indossando ad un certo punto la
giacca impermeabile che mi ha riparato dal vento , ma mi ha bagnato di completamente
di sudore. Buona parte dell’itinerario si svolge su sentiero, in ambiente quasi
naturale, si seguono i crinali, panorami estesi, sopratutto con la giornata
tersa, saliscendi continui, ma anche vento padrone dell’aria. L’atmosfera del
posto è particolare, nonostante la vicinanza alla pianura si percepisce l’isolamento
e la incombenza della natura. Si immagina il clima in cui si svolsero le azioni
di Resistenza alla occupazione nazi fascista nel 43, 44, 45, che qui ebbero molto
rilievo. In conclusione, una esperienza
che parte dalla corsa, ma comprende molti altri elementi di soddisfazione. Nonostante
i dubbi e il senso di malessere avuto nella fase peggiore della corsa, quando è
cominciata la crisi e mancavano ancora 8 ore da correre, al termine dell’impresa ho cambiato opinione e mi è tornata già la
voglia di ritornare ancora l’anno prossimo.
Porte di Pietra Trail
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