lunedì, aprile 18, 2011

Gran Zebrù

Nuovamente al Gran Zebrù. Concretamente, già dalla partenza vedi la meta. Meteorologicamente la giornata si preannuncia bella e fresca. Al Collo di bottiglia c’è affollamento, certamente qualche sasso rotola giù per il canale, sono gli sciatori in discesa che raspano il fondo. Ripetibilmente il secondo affollamento è al canale superiore. Il terzo affollamento è in cima. Stranamente molti sono saliti da Solda. Sembra di sentire parlare in polacco. Un gruppo senza sci ma con la guida è salito dalla parete sud. E’ inutile, in questa situazione complessa cercare di intuire qualsiasi significato extra, una grossa croce in acciaio è l’unico elemento che vorrebbe trascendere alla realtà. Invece. Con questa grossa croce davanti, il panorama già ampio si estende fino a Roma, nell’avanti Cristo. Gli schiavi e i briganti venivano torturati e fatti morire nel modo più atroce possibile, per crocifissione appunto. Il metodo consisteva nel dare un monito ai ribelli mettendo in mostra la morte atroce e lenta dei condannati . Anche se sono abituato alle croci in montagna, Il pensiero di questa pratica, della pena di morte, della sofferenza, della malvagità, mi disturba e mi allontana dalla suggestione del luogo. Dopotutto, il messaggio a chi sarà mai rivolto, ai bravi e ai sottomessi, oppure ai ribelli, o a entrambi? Son arrivato fin quassù per vedere la realtà, per intuire una relazione tra le cose che la necessità delle regole e la complessità della società non consentiva di percepire laggiù, però i simboli parlano e di cose da dire ne hanno tante. Insomma, dispongo di un paio di sci con i quali mi allontano velocemente dalla cima del Gran Zebrù. Oggi neanche lo Zen avrebbe potuto andare oltre a quel che si vede.