martedì, febbraio 22, 2011

Campaggio

Arrivare fino qui non è stato per una allegra e goliardica scampagnata. A parchi divertimenti, eppiauar, “volemose bene” e “damose da fa’”, sono piuttosto repulsivo. La ragione del viaggio è di varcare un confine, che consiste di uno spazio fisico, ma che richiede temporaneamente un distacco mentale. Si tratta di un esercizio e di una disciplina che risponde alla necessità del distacco o svago. Fisicamente è sufficiente lasciare l’automobile, mentalmente si tratta di concentrarsi sulla fatica e su una meta. Oggi sono fortunato, tempo stupendo, panorama ampio, pensieri positivi, buona compagnia, l’ambiente è superbo, neve fresca, isolamento,  tutto OK. Tutto quello che serve per varcare una linea, diciamo immaginaria e abbandonare  la consuetudine e la costrizione. Questa per me è l’occasione di pensare al mondo come è,  e un modo per lasciare evaporare la assuefazione al mondo popolato e civile che non permette di essere liberi individualmente, pur se democraticamente tollerati e tolleranti. Primariamente è necessario mettere un poco di distanza dal mondo civile, bisogna sentire la distanza, occorre almeno percorrere qualche ora di cammino, qualcuno ci prova a farla breve con la motoslitta, ma non funziona. La compagna, la motoslitta,  è ingombrante e esigente; poi bisognerebbe essere almeno in Canada per riuscire a percorrere una distanza sufficiente per sentire l’isolamento, con la motoslitta. Secondariamente non si può riflettere mentre si guida soprattutto se si intende allontanarsi  dalla abituale civiltà che ha nei motori una delle sue ragione di forza.  Qui, selvaggiamente, nelle Orobie valtellinesi, è ancora visibile il fondo valle ma fin qui non giungono onde sonore magneto ottiche. Lontanamente dall’idea malsana di una qualsiasi organizzazione, da un brand, da un colore distintivo, tantomeno da un capo, o da un rito collettivo.   Sperabilmente qui il nulla, paragonato alla quantità di situazioni che laggiù sono necessarie solo per esistere. Evidentemente, nella complessità va perso il significato primario delle cose, nella necessità addirittura se ne inverte il senso  e la natura.  Dura poco. Prima di cominciare la discesa che  concluderà la parentesi, con  il successivo rientro nel reality, per un attimo la sensazione di cominciare il vero viaggio da un mondo conosciuto e amico verso  l’ignoto regno del ricco affarista che anche se non incanta a te, incanta la maggioranza, delle regole al contrario fatte per favorire gli amici degli amici, del declino sociale e culturale e civile che ti rode lo spazio attorno. Laggiù ad occuparsi maggiormente di stare al proprio posto  e di svolgere il ruolo assegnato. E’ una questione di sopravvivenza, ma ci vuole molto coraggio a ritornare indietro.


2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Complimenti Mauro. Condivido in pieno l'analisi, "l'insostenibile leggerezza del faticare" in un ambiente che amiamo, penso sia almeno per noi una delle chiavi (non l'unica ovviamente)che permetta un sano distacco dalle cose.Continua e continuiamo così !
Franz

febbraio 25, 2011  
Anonymous Anonimo said...

b

febbraio 25, 2011  

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