venerdì, agosto 31, 2012

Passo Gavia

Ci pensavo da un po’, finalmente ho trovato l’occasione dopo il giro a Livigno di fare un’altro giro in bicicletta. La soluzione oramai la conosco bene: treno per la Valtellina e poi itinerario ad anello, dislivelli e panorami garantiti. Da quando il treno si chiama Trenord invece di Trenitalia gli orari sono rispettati al secondo, anzi bisogna affrettarsi a saltare su/giù perchè le soste sono  brevissime. Con meno di 25€ si acquista il viaggio a/r  e il trasporto della bicicletta. Però nonostante la buona volontà, il servizio è ancora carente: non è chiaro se il bagagliaio per la bicicletta sarà in testa o in coda al treno,  non è sicuro che ci siano i supporti per piazzare le biciclette, le toilettes spesso sono fuori servizio, l’aria condizionata o funziona troppo o niente. Insomma già che ci siamo, che i più è fatto, perchè non fare questo piccolo sforzo per concludere l’opera e sistemare queste bazzecole, basterebbe prendere esempio dalle ferrovie svizzere che si interescano a Tirano.  La giornata comincia male, ho dormito poco, e sono affaticato da parecchie giornate d’agosto di caldo tropicale. Alla stazione di Monza mentre aspetto il treno un tipo attacca bottone, “dove vai?”, “da dove vieni?”, etc. poi, “conosci Tizio?”, “conosci Caio?”, “conosci il prete?”, e già vorrei allontanarmi, poi arrivano 4 extracomunitari, perchè alle 6 di mattino, in agosto, italiani che vanno a lavorare ce ne sono pochi, e allora arriva il commento su questi extracomunitari “che sono troppi, etc”.  Gli rispondo, mi fa pena quest’uomo, messo male nel fisico e nel pensiero.  Ma quando arriva il treno corro alla carrozza bagagliaio e così rimango solo, con pensieri più confortevoli. Il treno ferma 5 secondi a Tresenda, meglio essere sulla porta pronti a scendere, Inforcata la bicicletta comincia la salita dell’Aprica, niente di speciale, sono circa 800m di dislivello, pendenza costante, non ripida. Aprica è un valico veramente brutto, al passo si percorre un km di città, prima di cominciare la discesa  verso Edolo. Il versante bresciano è meno bello del Valtellinese, però in discesa occorre guardare la strada non il paesaggio. Da Edolo si ricomincia a salire, il passo Gavia è 1900m più in alto, quindi c’è una certa ansia di vedere salire l’altimetro. Niente da fare la strada prosegue senza impennarsi veramente, per 20km, fino a Ponte di Legno, le pendenze sono leggere. A Ponte di Legno la strada per il Gavia circola al largo del centro città, con salita e ridiscesa, mentre il percorso logico passerebbe dal paese. Peccato che non ci siano indicazioni speciali per che viaggia in bicicletta, purtroppo non avevo  studiato l’itinerario e seguo le indicazioni ufficiali per il passo Gavia.  Aggirato ponte di Legno e forse evitato di fare brutti incontri, finalmente il panorama diventa bello, molto bello e la strada si impenna.


Si impenna sempre più, quando sono  già sul rapporto corto si impenna ancora, ma alzato sui pedali proseguo,  la pendenza scende un poco.

Prima reagisco bene alla salita, poi quando penso di stare bene vado in crisi, bevo, mangio, mi riprendo e mi distraggo molto guardando il panorama. Arriva la galleria, veramente brutta da fare in bicicletta, è ripida e buia.

Non sapevo che sulla vecchia strada qui fuori ci fu un terribile incidente nel 1954 in cui un camion con 18 alpini precipitò a valle.

All’uscita si intravedono gli ultimi tornanti e ci si immagina la fine della salita.

Dopo un ultimo strappo la strada fa un ampio giro semipianeggiante che accompagna dolcemente al valico

. Non c’è molta gente, anche i motociclisti si muovono sempre tutti insieme e in gruppo. Qui i pochi che ho visto salire erano prudenti, o guardavano anch’essi il panorama, o temevano la strada stretta e a volte priva di guard-rail. Dopo la breve pausa al passo, sperimento la mancanza di copertura alle gambe e alle mani, il freddo si fa sentire. La discesa è impegnativa, sopratutto perchè di montagne attorno  da guardare ce ne sono tante.

 A Santa Caterina non c’è in giro nessuno, neanche un posto invitante per una merenda, scendo con l’dea di fermarmi Sant’Antonio, più sotto, il centro principale della Valfurva.  Su questa strada è il terzo santo, dopo Apollonia e Caterina. Dopo un te con torta rapidamente raggiungo  Bormio e proseguo, fino Tirano ancora si beneficia del dislivello accumulato, sono 30 km, scorrevoli, sulla vecchia strada, senza traffico.  Prima di tirano, all’altezza di Mazzo, colgo  l’occasione per osservare attentamente il paese di mio nonno, Rogolbello a destra e il bivio per il Mortirolo a sinistra, credo che presto dovrò tornare in zona.

Velocemente raggiungo Tirano, di forze ne sono rimaste ancora. Il giro consiste in 132km e 2800m di salita, comprese le pausa ci ho messo 7 ore e mezza.  Ho preso il treno delle 06:30 da Monza e alle 08:50 sono sceso a Tresenda. Resta ancora il tempo per rifocillarsi prima di partire puntualissimi alle 17:10 e arrivare a Monza alle 19:30.